
Chi ha fatto qualche trasloco sa che di peggio nella vita c’è solamente montare da soli un armadio dell’IKEA o rimanere un intero weekend con i bambini mentre tuo marito è a sciare con gli amici e la tata ha il fine settimana libero.
Nonostante questo sia stato il mio decimo trasloco, non mi sono ancora abituata alla fatica. Ogni volta mi ci butto a capofitto, faccio e disfo tutto io, ma poi ho bisogno di ricoverarmi in una beauty-farm per un mese per recuperare il benessere perduto.
La cosa bella del trasloco però è che, quando è tutto finito, ti restano quei due o tre aneddoti da raccontare che ti accompagneranno fino al trasloco successivo.
1) Prima cosa, let’s talk about shoes: neanche questa volta sono riuscita a buttare le Roger Vivier più scomode della storia del mondo. Una durezza che verrebbero le vesciche anche a chi ha i piedi di pietra.
Sono sedici anni che le sposto da una casa all’altra e sedici anni che tento di buttarle, ma poi le rimetto nell’armadio. Questa volta hanno passato pure la notte fuori, nei sacchi neri dell’immondizia che stanno davanti all’uscio di casa, ma poi la mattina dopo sono andata a ravanarci dentro e me le sono riprese. Ecchecavolo, tutto quello stile nella spazzatura proprio no. L’intento c’era ma non ce l’ho fatta. Coscienza a posto, scarpe pure.
2) La pasta. Nel sistemare i viveri nei pensili della nuova cucina ho scoperto che avevo un pacco di tagliatelle al kamut che scadevano nel 2005. Non trovo scioccante il fatto che andavano mangiate 12 anni fa, quanto piuttosto che io me le sia portate dietro per tutto questo tempo. Se scadevano nel 2005, significa che sono venute a Londra con me la prima volta nel 2006, che sono tornate in Italia nel 2009, che hanno fatto ben tre traslochi a Milano tra il 2010 e il 2015 e che nel maggio di quell’anno hanno traslocato a Londra nuovamente. Bè ovvio che a questo punto non si butteranno via mai più, che la tagliatella al kamut è, e sempre sarà, la mascotte dei miei traslochi e che potrei pensare anche di esporre il pacco nella vetrinetta della living room.
3) I giochi di viola. Ora questa è stata la parte più scioccante e tragica del trasloco. Il ragazzo a cui è malauguratamente toccato di impacchettare e poi spacchettare ogni singolo oggetto della playroom di Viola (che corrisponde più o meno ai metri cubi di tutto il reparto toys di Harrods), il giorno dopo ha fatto causa all’azienda per esaurimento nervoso fulminante. Quando è arrivato era sorridente, poi lo abbiamo visto spegnersi giorno per giorno. Il terzo giorno, è resuscitato, direttamente.
E comunque il numero di scatole di giochi batte il numero di scatole delle mie scarpe 100 a 50. Ho perso il primato, che credo non riconquisterò mai più. Anche perché Viola passerà in un attimo dai giochi alle scarpe con il tacco … e non si sa mai che poi a buttare le mie Vivier ci pensi direttamente lei!